A pesci in faccia: Via col vento

Praticamente funziona così: guardo un fottio di film finché non becco quello lì che mi accende la lampadina e comincia a ronzarmi in testa a tal punto che realizzo, anche giorni dopo la visione del film stesso, di dover per forza scriverci due righe altrimenti dalla testa quel film lì non me lo leverò mai. E così riprendo anche un po’ in mano il blog che ultimamente non ho potuto coccolare più di tanto per una serie lunga di motivi noiosi.
Ma questi so’ fatti miei, voi accontentatevi del film.

Oggi parliamo di Via col vento, film del 1939, per la regia di Victor Fleming. E se vi state chiedendo perché sia finito così in basso a fare addirittura un post intero per un film del genere, abbiate fiducia perché c’è tanto fannullismo in questo film insospettabile e vi assicuro che non resterete delusi. Fidatevi.

gone-with-the-wind-via-col-vento

Fannullismo a secchiate

In linea di massima, dovreste averne sentito parlare, dato che è tipo uno dei film più importanti della storia, tratto da uno dei romanzi più celebri della storia, ovvero uno di quei film che se non l’hai visto, non sei nessuno.
Ebbene, fino a qualche giorno fa, non ero nessuno perché questo filmone, il più classico dei classici, non lo avevo ancora visto (e in tutta onestà, stavo benissimo così). Poi una mattina, libero da impegni e dalla voglia di fare del lavoro utile alla società, mi sono svegliato e mi sono detto “Massì, facciamolo e vediamo che succede“.
E quindi, rimboccate le maniche, mi sono seduto davanti al pc e ho cliccato play, sapendo che se fossi uscito vivo e sveglio dalla visione di questo film di quattro ore piene di durata, sarei stato probabilmente una persona più forte, più colta e quindi migliore di prima.

Ebbene, il film m’è piaciuto tanto, l’ho trovato davvero poco noioso e soprattutto più intelligente e più moderno (in alcuni casi anche più attuale) di quanto mi sarei mai aspettato. Ambientato durante la Guerra di Secessione Americana, il film sembra parteggiare convintissimo per i sudisti e la cosa non può che suscitare un po’ di imbarazzo in più di un occasione, tipo ogni volta che insiste sull’importanza del legame con la propria terra ecc.. Ma non gli si può davvero dire nulla tanto è evidente l’enorme sforzo produttivo messo in atto per ottenere una mise-en-scène di questo livello che ha permesso al film di invecchiare anche piuttosto bene fino ad oggi. Per farla breve, Via col vento non è il polpettone melenso che mi aspettavo, anche perché la componente “affresco storico” non è per nulla marginale, ma anzi rende persino più piacevole la parte romantica che comunque suscita incredibilmente – capirete poi perché – dell’interesse.
Il film ha sicuramente i suoi pregi e i suoi difetti, ma non sono venuto qui oggi per farvi un inutile elenco di cosa sì e cosa invece no. Sono qui perché c’è un aspetto in particolare di Via col vento che mi ha fatto impazzire.
Via col vento è infatti un film di pesci in faccia.

E’ un film nel quale la nostra protagonista, la nostra eroina romantica, Scarlett (o Rossella per chi l’ha visto in italiano; interpretata da Vivien Leigh), la donna che tutti i gentiluomini vorrebbero sposare, bella e coraggiosa e anche tanto rompiballe, è innamorata di uno che però sposerà un’altra, nonostante lei gli abbia confessato sin dall’inizio il suo amore eterno e incondizionato. In pratica questo, per la nostra eroina, sarà solo il primo di una lunga serie di rifiuti, il primo muro con il quale si scontrerà, il primo dei tanti pesci che le verranno tirati in faccia senza alcuna pietà. Così il film, mettici di mezzo pure la guerra che piano piano distrugge tutto, diventa un film sull’arrangiarsi, sul rimboccarsi le maniche e fare il necessario per riacquistare una dignità economica e sociale. Perché la vita potrà fare schifo oggi, ma sticazzi che resto nel fango tutta la vita.
E se già di per sé la figura di Scarlett, molto più degna di molte protagoniste femminili dei film contemporanei, è interessante perché inaspettatamente vicina per certi aspetti alle donne di oggi (oltre che, ovviamente, a quelle dell’epoca), la scena che mi ha fatto amare alla follia questo film, nonché il motivo vero per cui siamo qui in questo caldo giorno d’estate, è l’epica scena finale.

Perché per tutto il fottutissimo film, c’è questo cristiano sornione…

clark-gable-via-col-vento

Questo qua

…che è innamorato della nostra Scarlett e cerca di sedurla ogni volta che la incontra. Ma puntualmente lei lo respinge perché sempre speranzosa di potersi congiungere un giorno con il tipo che ama, quello di cui parlavamo prima che purtroppo ha sposato un’altra. Ma il nostro sornione non si arrende e col passare del tempo, dopo numerosi incontri fortuiti, la convince a sposarlo. Lui ama lei, ma lei non è ancora convinta al 100% di amare lui e lui questo lo sa. Intanto hanno pure una bambina. Ma è solo alla fine fine del film, dopo che muore mezzo cast, dopo che lei gliene ha fatte passare di tutti i colori a lui che è un uomo così buono, forte e dal cuore tenero, che Scarlett realizza che il simpatico sornione è davvero l’uomo della sua vita, l’unico che abbia fatto e farebbe qualsiasi cosa per lei. Quindi, in sintesi, Scarlett capisce di amarlo e di voler passare il resto della sua vita con lui solo negli ultimi due minuti, due, di film e quindi, com’è giusto che sia, corre subito a dirglielo. A questo punto, l’happy ending “e vissero per sempre felici e contenti” pare dietro l’angolo. Invece no! Shyamalan twist! La donna si becca il più clamoroso pesce in faccia della storia del cinema. Il buon sornione l’ha letteralmente inseguita e sopportata per anni, sperando che un giorno il suo sentimento venisse ricambiato. Ma quando ciò accade, lui ne ha avuto abbastanza, si è rotto i coglioni, ha capito che continuare a stare con questa donna significherebbe vivere uno stress continuo per il resto dei suoi giorni. E in questa occasione il nostro spara la più famosa battuta cinematografica di tutti i tempi (e adesso ho capito finalmente anche perché), in risposta alla richiesta disperata e in lacrime da parte della donna di non abbandonarla:

clark-gable-in-via-col-vento

“Donna, FOTTESEGA!”*

*la citazione esatta potrebbe essere leggermente diversa.

Seguirono 93 minuti di applausi ininterrotti.

Lo so bene che potrei andare in galera per tutte le cavolate che ho appena scritto, ma mi sono divertito troppo a guardare Via col vento e mi sono divertito ancora di più a scrivere questo post. E soprattutto, dubito di essere diventato una persona più forte, colta e migliore di prima ora che ho visto ‘sto benedettissimo film, ma potete scommetterci che sono diventato una persona molto più felice. Sì, perché ho scoperto che c’è un nuovo supereroe nel mondo che combatte per il bene e per l’emancipazione maschile. Ho scoperto che il mio nuovo supereroe preferito dopo Batman si chiama Rhett Butler, ha il volto di Clark Gable e ha il potere di risolvere qualsiasi situazione, anche la più tragica e disastrosa, con un sorriso e una bestemmia.

Non so voi, ma io veramente non posso chiedere di più.

8 pensieri su “A pesci in faccia: Via col vento

  1. datraversa

    Anch’io valgo “meno di zero”, perché non ho mai visto “Via col vento” e non avevo alcuna intenzione di recuperarlo… fino ad oggi. Hai “pubblicizzato” questo film come il miglior trailer del mondo non sarebbe in grado di fare. Grande zack!

    Piace a 1 persona

    Rispondi
    1. zack Autore articolo

      Non vali meno di zero, Dave. Questa cosa del “se non hai visto questo film non sei nessuno” è una cavolata, un modo di dire ipocrita e senza senso. Comunque ti ringrazio per i complimenti e sono felice di averti incuriosito! Anche se non è detto che a te il film non possa annoiare…

      Piace a 1 persona

      Rispondi
  2. kasabake

    Sappi che “Gone with the wind” è anche il film preferito di mia moglie, assieme a “Blade Runner” e che in casa, vuoi perché è un grande classico, vuoi perché è un gran film, vuoi perché piace a mia moglie, anch’io l’avrò visto non so più quante volte… ed ogni volta, quando arrivo alla fine, rimango ancora stupito della straordinaria modernità di quel botta e risposta finale… “Rhett, Rhett… Rhett, if you go, where shall I go? What shall I do?” e lui “Frankly, my dear, I don’t give a damn”.
    Epico. Se fosse fatto oggi, la scena sarebbe già virale nel web, con Gable a cui spunterebbero gli occhiali neri e la cicca in bocca ed il sound gangsta di sottofondo… Thug Life…

    Ad ogni visione del film, trovo sempre insopportabile l’aspetto razzista del film, con l’assoluta mancanza di veridicità nella descrizione dello schiavismo, nel tratteggiare i character neri come dei “nigga” stupidi o ladri o ipocriti (terribile, ad esempio, la caratterizzazione della sguattera che fugge impaurita di fronte alle doglie di Melanie, ovviamente sceneggiata appositamente per esaltare il coraggio e la forza di Scarlett, ma adavvero odiosamente vigliacca nella scelta del character), altresì è ancora oggi magnifica la descrizione degli affaristi senza scrupoli che come sciacalli si gettarono dopo la guerra a depredare le ricchezze di ricchi propietari terrieri, che avevano accresciuto lem loro ricchezze grazie allo sfruttamento di manodopera gratuita (cosa che farà, in modo simile, la stessa Scarlett, assoldando nella segheria degli ergastolani ed è questo uno dei momenti epici di questo script, con la descrizione davvero titanica di un personaggio femminile potentissimo).

    Ancora oggi, adoro tutte le scene con presente Rhett, specie quelal in cui gioca a carte in prigione ed è praticamente amico dei suoi stessi carcerieri: “Gone with the wind” è una storia di sopravvivenza, del modo con cui, sia prima che durante che dopo la guerra, Scarlett e Rhett, hanno resistito a tutti gli attacchi del destino, ognuno con le proprie armi: Scarlett, con il suo sangue per colorare di rosso le gote e le tende di casa che diventano un abito sontuoso ed infine il proprio corpo ed il proprio nome per sposare un ricco commerciante e rifarsi una vita; Rhett, con la sua astuzia ed il suo saper vivere, con cui conquista le vecchie matrone della città, fingendo di chieder consiglio su come evitare che la figlia si mangi le unghie e questo solo per dare un buon nome alla sua famiglia…

    Il personaggio secondario che preferisco è senz’altro quello della tenutaria del bordello, Belle Watling, che sembra uscita da un film di Tarantino, mentre la scena che ancora conservo nel cuore di cinefilo è quella ella lunga attesa delle donne per il ritorno dei loro uomini nella missione punitiva: una scena piena di dolore e radicali contrasti, di false verità e rancori, che ci parla di razzismo, di violenza privata di giustizialismo, di vincitori e vinti, che, pur non citando apertamente il Ku Klux Klan (molto presente nel romanzo originale), ne fa sentire l’odore e quasi (quasi) la giustificazione storica della sua genesi.

    Una sceneggiatura complessa, per un film imponente, per una federazione di stati ancora oggi molto divisa e su tutto aleggia l’epicità di Rhett, moderno Peter Quill che commercia illegalmente con ambo le parti e che modernamente schifa la guerra, pur adattandosi ai suoi ritmi per sopravvivere da buon uomo d’affari… se non è questo il vero spirito americano…

    Grazie Zack.
    Grazie per questo bellissimo post!
    E’ vero che ultimamente, per via dei tuoi impegni, frequenti molto meno il tuo stesso blog ed anche per questo un tuo nuovo intervento è una chicca ancor più golosa, ma questa volta è stata una vera sorpresa, una piacevolissima sorpresa, perché mi hai stupito andando a ricercare niente meno “Gone with the wind”, che è un po’ come scrivere sui “Promessi Sposi” in un blog di letteratura… ma la chiave di lettura, la cifra attorno cui ruotano le tue osservazioni sono splendidamente “fannulonesche”, leggere come la piuma di “Forrest Gump” e quindi ugualmente sincere…

    Piace a 3 people

    Rispondi
    1. zack Autore articolo

      Sììììì, ci avevo pensato anche io al Thug Life!! Ahahahah! Epico.
      Kasa, grazie a te per i complimenti bellissimi e soprattutto grazie a te per aver detto qualcosa di serio e giusto sul film qui nei commenti, come non ho fatto io nel post.
      Grazie anche per essere sempre qui a seguire questo blog che sto sfruttando meno di quanto vorrei. E ti confesso che non è solo una questione di mancanza di tempo. A volte, anche quando avrei del tempo a disposizione per scrivere, non ho più l’ispirazione giusta e quindi, piuttosto che scrivere controvoglia, preferisco non scrivere proprio. Inutile dirlo, quando invece sono pieno di impegni, avrei milioni di cose da scrivere. C’est la vie.

      Piace a 1 persona

      Rispondi
  3. Pingback: Liebster Award, mi sono deciso | REVIEW BY DAVE

  4. Pingback: Liste .3: A pesca nel blogroll – Le cose minime

Lascia un commento