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I 10 migliori film del 2017 + altri 15 che non c’entravano

Ogni anno è sempre più difficile. Sarà perché aumentano i film che riesco a vedere, sarà perché forse forse il cinema non è ancora morto, sarà che mi riduco sempre di più all’ultimo minuto e non ho ancora digerito gli struffoli di ieri l’altro. In ogni caso, è sempre un gioco divertente in cui mi tuffo con piacere.
Questa volta ho deciso di elencare i 10 migliori film dell’anno rigorosamente in ordine sparso, casuale, perché tanto non è uscito nessun Mad Max: Fury Road e di conseguenza le posizioni non hanno molto senso, non saprei nemmeno da dove cominciare. Inoltre, siccome ho visto tanti bei film in questo buon 2017, ho scelto altri 15 titoli che per un motivo o per un altro meritano di essere visti e non meritano questo mondo infame in cui solo dieci ce la fanno.

Il criterio è sempre quello della distribuzione in sala in Italia tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2017. Buona lettura e fatemi sapere che ne pensate, fatemi sapere qual è la vostra top 10 e tenete sempre a mente che l’analisi oggettiva non esiste, sono classifiche personali e bla bla bla, politically correct, ciao.

  • Manchester by the Sea
    È il film drammatico dell’anno – riconosciuto miracolosamente anche agli Oscar – ed è come vorresti che fossero tutti i film drammatici: semplice e onesto, senza intellettualismi, né pregiudizi, né puzza sotto il naso, ma con la consapevolezza che dramma e commedia vanno sempre a braccetto e più si sprofonda nell’una, più ci si avvicina all’altra. Manchester by the Sea mette in scena una tremenda tragedia familiare senza essere ruffiano e riesce sia a commuovere che a far ridere, non perché ci siano barzellette o siparietti slapstik, ma perché racconta col giusto piglio (quasi coeniano) quelle situazioni in cui non ci sarebbe proprio nulla da ridere eppure talmente assurde, surreali e grottesche, che ci scatta inevitabilmente una risata isterica liberatoria.
    Kenneth Lonergan dirige rigorosamente una sua stessa strabiliante sceneggiatura che trova in Casey Affleck (finalmente riconosciuto da tutti per l’attore sopraffino che è) il volto e il corpo giusto in cui incarnare tutto il suo turbinio devastante di emozioni.

    Semplice e onesto

  • Raw
    È la storia di una timida sedicenne che arriva prima del previsto all’università – perché è tipo un piccolo genio – e va incontro ai soliti problemi e alle solite prime volte tipiche di quegli anni (il rito di iniziazione, la prima cotta, la prima sbronza, la prima scopata, ecc). Insomma Raw è un coming of age qualsiasi, solo che al posto di una generica attività ricreativa/passione/lavoro, la nostra protagonista scoprirà se stessa iniziando a mangiare carne umana strappandola a morsi dalle persone con cui interagisce senza nemmeno passare per i fornelli.  Siamo abituati a vedere i cannibali come i cattivi dei film, o comunque come persone da evitare perché la nonna ci ha sempre detto di non farcela con quelli strani che poi diventiamo strani pure noi e non facciamo soldi e restiamo soli. Ebbene, Raw ribalta tutto e racconta una storia dal punto di vista di una giovane cannibale, dimostrandoci che anche loro sono persone, anche loro hanno un cuore e provano le nostre stesse emozioni.
    È un horror sadico e divertente, ma è anche un film drammatico, con una trama imprevedibile e la giusta dose di critica sociale. È diretto da dio, ma soprattutto è onesto e schiettissimo in tutto quello che dice e che fa, va diritto al sodo SENZA METAFORE.
    Scritto e diretto da Julia Ducournau, una donna, Raw è uno degli esordi più clamorosi degli ultimi decenni (non anni).
    (visione consigliata a un pubblico forte di stomaco)

    La classica scuola, la classica storia.

  • mother!
    Una supercazzola pseudo-intellettuale che dice qualcosa di effettivamente interessante, ma soprattutto lo dice col volume a palla e con un quantitativo altissimo di DISTRUZIONE TOTALE, SANGUE E VIOLENZA che porcaputtana è bellissimo. Un viaggio allucinante che non può lasciare indifferenti, può irritare ma non annoiare. Il solo fatto che mother! esista e che qualcuno dopo aver letto la sceneggiatura abbia detto “va bene, famolo” è già un miracolo.
    Qualcuno poi ha detto che il film racconta praticamente tutta la Bibbia, ma credo che la mia Bibbia sia diversa dalla vostra quindi non chiedetemi troppe spiegazioni a riguardo.

    “Va bene, famolo.”

  • Arrival
    Blade Runner 2049 è un ottimo film, che è già un complimento incredibile se pensiamo che è il sequel di uno dei film più importanti di sempre. Ma Arrival è un capolavoro.
    Gli alieni giungono sulla terra e non si capisce cosa vogliono. Parte un conflitto di idee interno tra l’esercito che li vuole bombardare e gli scienziati che invece vogliono capirli e magari imparare a comunicarci.
    Denis Villeneuve prende una trama e dei temi che andrebbero bene in qualsiasi blockbuster di oggi e li mette in scena con un linguaggio per immagini complicato ma comprensibile, diverso da quello che pensiamo di vedere quando ci approcciamo a un film con l’idea che sia di intrattenimento. In questo modo fonde cinema d’autore e blockbuster per dar vita al miglior cinema di intrattenimento possibile (non a caso restando nella fantascienza, ovvero nel cinema di genere che oggi è la casa degli autori migliori). Infatti, per intenderci, il film gioca su più piani narrativi e su più linee temporali, spiega un sacco di nozioni scientifiche (sforzandosi tantissimo di farcelo pesare), ma non spiega mai a parole una singola svolta di trama che sta allo spettatore desumere tramite le immagini.
    Tra Interstellar e District 9, il film parla della difficoltà di capire chi è lontano da noi, di resistere alle paure di essere attaccati e all’istinto di scappare o attaccare per primi per provare invece a riflettere sulle diversità e trovare un punto di incontro. E non è un caso nemmeno che quello che un tempo sarebbe stato il classico ruolo da eroe maschile qui vada finalmente a una donna… rendendo il tutto ancora più bello. Anche perché quella donna è Amy Adams e la sua è l’ennesima dimostrazione di quanto sia un’attrice straordinaria e con pochi simili. Si trascina tutto il film con il suo solito disarmante fascino e la sua incredibile capacità di sovrapporre l’eccitazione e la curiosità di scoprire qualcosa di nuovo con la paura dell’ignoto che invece ci tira indietro. Wow.

    Forse l’immagine più bella dell’anno.

  • Silence
    Oh, dite quello che volete, per me è stata un’esperienza indimenticabile. Visto per grazia divina in lingua originale in sala, più che un pugno nello stomaco, Silence è una montagna che ti cade addosso. È di una pesantezza incredibile, ma è raccontato con tanta di quella convinzione, audacia, voglia di andare fino in fondo, e (ovviamente) con tutta la professionalità di questo mondo, che in qualche modo ti prende e sei costretto a intraprendere un viaggio psico-fisico che in un modo o nell’altro ti rimarrà dentro a lungo. È la lotta estrema tra l’uomo e le sue stesse convinzioni, i suoi stessi valori e i suoi stessi ideali. A cosa sei disposto a rinunciare in nome della fede? Che siate credenti o no (io non lo sono), è un film che ci mette alla prova (in tutti i sensi), è massacrante, ma è anche una delle più stimolanti visioni che possiate fare oggi con un film.
    L’unico limite è che è diretto da Dio, non da Scorsese. E si sa: Dio è leggermente più noioso di Martin Scorsese.
    (su questa voglio il copyright)

    E questi giapponesi sono tra i villain dell’anno.

  • Sharknado 5: Global Swarming
    Eccoci qua. Già vi vedo scandalizzati e pronti a spegnere tutto perché “questo qui è pazzo e non ne capisce niente di cinema!” Fate pure. Dite quello che vi pare. Toglietemi tutti i like e convincetevi di avermi ferito. Io Sharknado da qui non lo levo. Perché sono arrivati al quinto capitolo e sono ancora i numeri 1 indiscussi. Perché continuano a regalare quell’intrattenimento perfetto, spensierato, avvincente, a volte esilarante, a volte geniale, mantenendo quel giusto e fondamentale atteggiamento di chi vuole divertirsi insieme a te come se fosse un vero amico (cosa che non sempre la Asylum riesce a ripetere nelle altre sue produzioni, che infatti non hanno lo stesso successo). Anche quest’ultimo capitolo è una scena d’azione dopo l’altra a ritmo indiavolato per 85 minuti, con una quantità di idee letteralmente assurda e quasi commovente. Roba che a Hollywood “quelli seri” le avrebbero usate per farci almeno 20 film, uno più povero dell’altro. Addirittura qui hanno girato pure meglio del solito e avevano a disposizione un budget molto più consistente che non hanno usato per fare effetti speciali migliori (PER CHI LI AVETE PRESI), ma per andare a girare scenette in giro per il mondo come se fosse un Mission Impossible qualsiasi. Impareggiabile.
    Forgive me, Father, for I am Fin

    Guardate che meraviglia questa motose- spad- fuci- ARMA DI DISTRUZIONE DI SQUALI.

  • Elle
    Il più riuscito, arrabbiato, spietato, secco e liberatorio colpo che il cinema abbia scagliato negli ultimi anni contro la giustizia sociale e la società civile, contro le convenzioni, il senso comune, la fede cattolica e il mito della superiorità fallica. Un film che spiazza in continuazione, come la sua protagonista che non fa mai quello che ci si aspetterebbe da lei anche in situazioni estreme come uno stupro appena subito. E meno male che c’è Isabelle Huppert nel ruolo della protagonista (Verhoeven voleva girare il film negli USA, ma nessuna attrice di primo piano voleva la parte…). I suoi sguardi di pietra sono una coltellata nello stomaco, nascondono un ventaglio di emozioni che va dall’apatia totale all’orgasmo che il suo personaggio, porcaputtana, aspettava da una vita.
    Elle è un film pazzesco, amici, PAZZESCO. Blasfemo e antimoralista, come il suo autore, un Paul Verhoeven in puro stato di grazia (e lui è uno che fa capolavori anche quando è distratto). Forse il mio preferito in assoluto dei 10.

    “Quanti ricordi”

  • Allied
    Film stranissimo. Comincia in un modo (film di guerra, azione e spionaggio), poi dopo 40 minuti diventa altro (thriller tesissimo tutto sguardi e psicologia) e sul finale diventa altro ancora (melodramma romantico). Sembrano tre film in uno e la cosa può straniare, se non deludere. Per me è un film stupendo, ricchissimo di emozioni, stimoli e suggestioni (siamo sempre durante la seconda guerra mondiale). È un film che omaggia Casablanca e il cinema del passato (soprattutto anni ’30 e ’40) e cerca di ricordarlo esteticamente utilizzando però il massimo e il meglio delle nuove tecnologie e una trama molto moderna e abile a ribaltare vecchi cliché. A tal proposito: quello che fino a ieri era un dilemma ricorrente dei personaggi femminili (chi è la persona che ho al mio fianco? mi posso fidare di lui/lei? è davvero chi dice di essere o sta fingendo?), qui finalmente spetta a un uomo provocando risvolti estremamente interessanti.
    Allied è una goduria da seguire perché Robert Zemeckis sa come raccontare una storia muovendo la telecamera nel modo e nella direzione giusta e lasciando indizi nel modo e nel momento giusto, sa come creare tensione, come appassionare, come suscitare meraviglia, come commuovere e come dire tanto con poco, senza sprecare mai un’inquadratura. E se il protagonista della storia è il personaggio di Brad Pitt, che si conferma un ottimo interprete, il vero traino del film è però Marion Cotillard con la sua incredibile capacità di farci capire una cosa mentre il suo personaggio ne dice un’altra.
    Zemeckis poi li prende entrambi in tutta la loro bellezza e dimostra la sua padronanza del mezzo cinematografico (e la sua inarrestabile voglia di sperimentare) piazzandoli dentro sfondi coloratissimi che raccontano meglio delle parole l’evoluzione della loro relazione. E sono sfondi fatti con un uso più o meno abbondante di computer grafica (a seconda dei casi) e tantissima color correction. Il risultato è un film pieno di immagini impossibili e stupende, da incorniciare e appendere su qualsiasi parete.

    Metafora visiva perfetta

  • Dunkirk
    Sforzo titanico per una ricostruzione storica molto romanzata nella trama, ma molto fedele nei contenuti. Christopher Nolan ce l’ha fatta di nuovo. Dunkirk è un’altra esperienza immersiva delle sue, una roba mai fatta prima e che va vista sul più grande schermo possibile. Dialoghi ridotti all’osso (quei pochi che ci sono in realtà sono pure scemissimi) e immagini libere di parlare da sole insieme al sonoro e a una colonna sonora impeccabile per raccontare le ansie, le paure, l’orrore, ma anche la noia della guerra e dell’attesa estenuante che succeda qualcosa, che una bomba ci piova addosso o che i rinforzi arrivino a salvarci. È un altro tentativo (anche Interstellar provava a fare lo stesso) di fondere il rigore, la precisione maniacale, la spietatezza e la seriosità di Kubrick con il patriottismo, la meraviglia e l’ottimismo tipicamente spielberghiano. Questa volta i due mondi si scontrano nel finale un po’ bruscamente, ma son dettagli perché ormai il film ti ha già stravolto, sfinito fisicamente e toccato corde emotive che non sapevi di avere.

    Che parlo a fare

  • Shin Godzilla
    Tre anni fa gli americani hanno realizzato un film di Godzilla che tutto sommato rispettava la tradizione giapponese. Allora i giapponesi, dopo aver passato sessant’anni a difendere e osannare l’iconografia classica, hanno deciso di distruggerla e di ripensare tutto con un film, Shin Godzilla, che è l’esatto opposto del blockbuster d’azione pieno di effetti speciali, ovvero un film di satira politica ambientato prevalentemente nelle stanze del potere, tra politici, militari e figure specializzate varie. Roba che sulla carte chiunque avrebbe detto “che palle”, ma in realtà è super interessante e avvincente, per come è scritto e girato. Le riflessioni che vengono fuori sono delle più spietate, centrate e inaspettate possibili. Tratta temi importanti e, come Arrival, non offre mai le risposte più semplici, ma pone le domande più giuste. L’intrattenimento migliore possibile.
    D’altronde per loro Godzilla è sempre stata una cosa molto, molto seria.
    Poi, ci mancherebbe, quando il mostro entra in scena e distrugge tutto è lo spettacolo più bello del mondo. Grandioso. Beato chi l’ha visto in sala.

    BELLISSIMO.

Fine.

Menzioni speciali:

  • I Am Not Your Negro: perché è un documentario tecnicamente impressionante che racconta la storia del razzismo negli Stati Uniti e la dice lunga sull’oggi.
  • Patriots Day: perché Peter Berg è un autore sottovalutatissimo e questo è il suo capolavoro finora sull’incredibile resilienza di tutta Boston unita.
  • Blade Runner 2049: Perché è molto bello.
  • It: perché è la migliore versione possibile che si poteva trarre dal romanzo di King nel 2017 e resta uno dei vincitori dell’anno al di là di qualsiasi top 10.
  • Smetto Quando Voglio 2 & 3: perché sì, cazzo. FINALMENTE.
  • Victoria: perché è un unico piano sequenza di 140 minuti che sa perfettamente quel che fa e non sbaglia mai. Incredibile.
  • Baby Driver: Perché è Edgar Wright che riscrive le regole del cinema in un film di puro intrattenimento tutto tecnica e precisione assoluta. Il finale non è all’altezza (altrimenti finiva tra i dieci su), ma anche così è un capolavoro.
  • Get Out: perché descrive perfettamente come si è evoluto il razzismo oggi negli Stati Uniti. Dolorosa la sua esclusione dai dieci.
  • Personal Shopper: perché è splendido, ipnotico e con una bravissima Kristen Stewart.
  • Headshot: perché è il film di arti marziali dell’anno, un ottimo passatempo in attesa che il sommo Gareth Evans sforni una nuova creatura. (è su Netflix)
  • Better Watch Out: perché è un twist sull’home invasion che è già diventato un nuovo classico. Perfetto per le feste.
  • Good Time: perché è una bomba che decostruisce il crime movie. Parte da una rapina a mano armata per mostrare tutta la serie di casini, più o meno grotteschi, che da essa derivano e finisce come il più toccante dei drammi familiari.
  • Borg McEnroe: perché è un nuovo piccolo Warrior (2011) ed è un gioiello di determinazione, ossessione, fatica e rispetto.
  • Split: perché Shyamalan è tornato ed è più in forma che mai.
  • La La Land: Perché la musica, i balletti, le camminate, l’amore, hollywood, i sogni, la vita, il cinema. Poteva finire anche tra i dieci su, ma ha una seconda parte non all’altezza della prima e poi non lo vedo da un po’ e quindi, insomma, ecco, fottesega. L’importante è che lo vedete, come tutti i film qui citati.

Tanti auguri a tutti e buon 2018!